
In Italia no. In Italia i giovani non hanno fiducia né nella ripresa né nel valore di investire in se stessi. E non ce l’hanno perche’ i primi a non avercela sono i loro genitori, i loro maestri e i loro governanti. Tutte quelle persone che ormai da tempo continuano a dire che tanto studiare non serve. Che e’ meglio essere umili, accontentarsi magari di terminare la scuola dell’obbligo e imparare un mestiere. Un diploma e’ già abbastanza. Nessuno ha detto a questi giovani che la probabilità di restare disoccupati senza un titolo di studio superiore e’ il doppio che in presenza di un titolo. Certo, nell’ultimo anno il tasso di disoccupazione nel primo anno dopo la laurea e’ aumentato dal 15 al 16%. Ma questo dato e’ la metà del tasso medio di disoccupazione giovanile in Italia.
E’ vero, il mito della laurea che appena conseguita ti garantisce il posto fisso e ben pagato e’ andato sgretolandosi – in Italia come in molti altri Paesi -, così come e’ vero che i nostri laureati rispetto ai loro genitori hanno una vita più difficile, ma il valore dell’istruzione resta comunque indiscusso anche per le nuove generazioni. Anzi, in un mondo sempre più qualificato studiare e’ più necesario che mai. E la vera scommessa per qualsiasi Paese che abbia la voglia e la forza di guardare al futuro non à istigare i giovani a deporre le armi ai primi segnali di incertezza che trovano agli inizi di carriera, ma al contrario adoperarsi ed investire per aiutarli ad orientarsi, per dargli il coraggio di guardare avanti.
Perche’ se questi ragazzi rinunciano ad investire in se stessi a farne le spese non sarà solo il loro futuro, ma quello di tutti noi. Come pensiamo noi di riqualificare e rilanciare il nostro sistema economico e produttivo con una forza lavoro che anziche’ qualificarsi si dequalifica? Come pensiamo noi di sopravvivere in un mondo in cui anche la competitività di Paesi emergenti come Cina e India e’ sempre più trainata da scienza, cultura e tecnologia quando non riusciamo a far laureare nemmeno il 20% dei nostri giovani?
Il quadro che emerge dal continuo calo di iscrizioni universitarie e’ scoraggiante. E’ il quadro di una generazione senza direzione, senza guida, senza fiducia nel futuro. Un tratto che non e’ tipico dei giovani, ma che e’ frutto di un Paese che ha perso il senso stesso della parola futuro, identificata ormai delle sue stesse removei dirigenti con la prossima tornata elettorale e con la fine o meno del proprio mandato. Ma questi giovani hanno tutta la vita davanti. Diamogli un motivo per affrontarla a testa alta, con grinta e determinazione. La loro rinuncia e’ una sconfitta per tutti noi.